Presentazione

Mi chiamo Marco Montanari e, come se il mio cognome fosse un presagio, la montagna è da sempre la mia passione.
Abito sull'Appennino, tra la Toscana e la Romagna, là dove nascono i più importanti fiumi del centro Italia, l'Arno e il Tevere. La storia di queste montagne è una storia di fatica, di sudore, di dolore, ma anche di poesia, di miti, di leggende...
Di questo voglio parlare in questo blog... delle mie montagne e di tutto ciò che la realtà e la fantasia di queste montagne mi ha sempre ispirato...

giovedì 12 luglio 2012

Processo a una (presunta) strega

Il mondo romagnolo, e non solo quello, è ricco di personaggi ritenuti in possesso di poteri straordinari e in combutta, talvolta, con il demonio. La loro memoria è arrivata a noi dai secoli scorsi, attraverso i processi giudiziari portati avanti, spesso e volentieri, dall’Inquisizione. Processi dei quali, in qualche caso, è rimasta la documentazione.

Forlì, 24 dicembre 1566
L’indomani sarebbe stato il Natale, ma non per questo lo zelante fra’ Vincenzo da Imola, commissario dell’Inquisizione della diocesi forlivese, era rimasto con le mani in mano. Aveva infatti chiamato a colloquio, per un motivo che ignoriamo, tale Domenico Marchini, di età quarant’anni e di mestiere maestro conciapelli e ortolano. Rivolgendogli la fatidica domanda: conosceva in città qualche donna ritenuta malefica? «Io conosco una certa dona in questa terra qual credo sia malefica, detta la Greca» rispose immediatamente l’uomo. Questo, al frate domenicano, era bastato per fare partire la terribile macchina della legge ecclesiastica.

Caterina la Greca
La donna denunciata da Domenico Marchini si chiamava Caterina e ha quel soprannome perché viene da Corfù. Vive a Forlì, in una casa di sua proprietà, vicino alla chiesa di San Francesco, al confine con il muro del Comune. Non ha un uomo in casa: il marito è morto, come pure suo padre. Così è costretta a lavorare sodo per tirare avanti: fa il bucato per gli altri, tesse panni di lino e ingrassa maiali.
Sembra pure una donna molto rispettata, per tutta quella laboriosità. E va anche a messa. Domenico la conosce perché è stato a casa sua per potarle il pergolato. Ed è anche un diretto testimone della sua attività magica: una volta le aveva portato una ‘ligaza’, ossia un involto utilizzato per le fatture, con la quale gli avevano maleficiato la cognata. E perché l’aveva portata proprio alla Greca? Semplice: molti parlavano delle sue conoscenze magiche. L’inquisitore, immaginiamo, lo incalza con le domande, magari giocando anche d’astuzia e, perché no, sull’ignoranza dell’uomo che non risparmia particolari ancora più gravi.
Sempre secondo quanto ha sentito, infatti, la Greca possederebbe anche dei libri demoniaci, di negromanzia, con i quali è in grado di fare cose straordinarie. Come quella volta che, in una sola notte, ha fatto arrivare un uomo da Roma a Forlì.

Il processo
Le deposizioni fatte (alle quali probabilmente se ne aggiunsero altre) bastarono per fare incarcerare la povera donna, la quale infatti, il 16 febbraio, risulta rinchiusa nelle carceri della rocca di Forlì.
Il suo interrogatorio avvenne circa quaranta giorni dopo la deposizione di Marchini e possiamo presupporre che tutto quel tempo lo abbia passato lì dentro.
Tutte le accuse rivolte vennero negate da Caterina, tanto da fare mostrare alla Chiesa il proprio duro volto, minacciando la tortura.
Sulla scena presero a muoversi anche numerosi personaggi collaterali, soprattutto gente del popolo, che nel bene e nel male, portarono le loro testimonianze ed opinioni sull’indagata.

L’assoluzione
Le carte d’archivio ci fanno sapere che per Caterina tutto si sistemò. Non fu né torturata, né condannata. Non le venne comminata neppure una pena lieve ma quantomai umiliante e utilizzata per casi non troppo gravi come questo: essere esposta, nei giorni di festa, al portone di una chiesa con una candela in mano e una mitria in testa, al pubblico ludibrio. Sembra anche, che tutto il processo si sia svolto in maniera leggera, quasi con disinteresse.
Questo almeno rispetto ad altri. E allora ci si chiede perché la giustizia dell’Inquisizione, sempre così dura e ferrea, si comportò così. Magari è stata proprio questa, l’ultima e grande magia di Caterina.

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