Presentazione

Mi chiamo Marco Montanari e, come se il mio cognome fosse un presagio, la montagna è da sempre la mia passione.
Abito sull'Appennino, tra la Toscana e la Romagna, là dove nascono i più importanti fiumi del centro Italia, l'Arno e il Tevere. La storia di queste montagne è una storia di fatica, di sudore, di dolore, ma anche di poesia, di miti, di leggende...
Di questo voglio parlare in questo blog... delle mie montagne e di tutto ciò che la realtà e la fantasia di queste montagne mi ha sempre ispirato...

giovedì 19 luglio 2012

Anche in Romagna si combatteva contro i draghi...la leggenda di San Ruffillo

Nel V secolo, l’abitato di Forlimpopoli era minacciato da un essere mostruoso: un vero e proprio drago che seminava il panico tra le persone. Ma per fortuna, in quel periodo, un eroico religioso si fece carico della questione. Almeno così narra la leggenda.

Il drago nella tradizione cristiana
La tradizione cristiana è ricca di draghi ed esseri affini. Pensiamo a San Giorgio - forse l’esempio più famoso - che, giovane soldato sfidò, vincendolo, il potente drago che abitava in un grande stagno vicino alla città di Selem, in Libia: un animale che con il proprio fiato era capace di uccidere chiunque. Ma perché questa presenza tanto costante? Perché il drago ha sempre rappresentato il male, la materializzazione del diavolo, la crudeltà che riesce a nuocere ai buoni cristiani. Isidoro di Siviglia, protoenciclopedista vissuto tra VI e VII d.C. scrisse: “è il piú grande di tutti gli animali; è una bestia sotterranea ed aerea che ama lasciare le caverne in cui si nasconde per volare nell’aria; la sua forza risiede non nella bocca o nei denti ma nella coda con cui può stritolare il suo avversario”.
Se si leggeva una cosa del genere, come riuscire a non avere paura di qualcosa di sconosciuto?

San Ruffillo. Un santo di cui si sa ben poco.
Le fonti storiche e agiografiche che parlano di questo santo sono molto scarne, povere e molto più tarde rispetto al periodo in cui egli fu in vita. Per tradizione lo si considera il primo vescovo di Forlimpopoli e l’unica notizia sicura è che ebbe un discreto culto, tanto che le fonti medievali documentano in regione ben tredici chiese a lui dedicate. La sua vita viene collocata nel V secolo e a lui è consacrata ovviamente la basilica della cittadina romagnola, nota con il nome di Collegiata di San Ruffillo. Costui si distinse nella lotta all’eresia ariana che aveva il proprio centro propulsore a Rimini e in quella all’idolatria pagana, di cui il drago può essere visto come un simbolo. In questa sua battaglia venne aiutato da altri santi molto noti in regione, come Leo del Montefeltro, Gaudenzio di Rimini e Geminiano di Modena. Secondo alcune fonti morì novantenne nella stessa Forlimpopoli; le sue spoglie vennero trasportate nel 1362 nella chiesa di San Giacomo in Strada di Forlì e solamente nel 1964 riportate nella Collegiata.

La leggenda del drago
Tra le poche cose note, dunque, di questo personaggio, c’è la leggenda del drago. Un sermone datato all’XI secolo ci racconta quindi come in quel tempo la bestiaccia insidiosa vivesse nelle campagne tra la cittadina e Forlì. Aveva un fiato talmente mostruoso (ricordate che il classico drago sputa fuoco?) che riusciva ad ammorbare così tanto l’aria da uccidere chi si trovasse nelle sue vicinanze. Occorreva dunque fare qualcosa e quel qualcosa lo fece Ruffillo. Esortò i fedeli a digiunare e a pregare e poi chiamò il suo ‘collega’ forlivese, San Mercuriale. Entrambi si recarono alla tana del drago e coraggiosamente strinsero le loro stole intorno alla gola del malefico essere. E chissà quanta forza ci volle per trascinarlo fino al profondo pozzo dove lo rinchiusero, sigillando l’apertura con un “memoriale”, probabilmente una lastra di pietra incisa. Liberando finalmente la zona e facendo dormire sonni tranquilli a tutti i forlimpopolesi.

1 commento:

  1. Caro Montanari,
    sono l'autore degli articoli che hai pubblicato, eccetto due. Solitamente, quando si vuole pubblicare qualcosa, è buona norma scrivere i pezzi da soli e non copiarli da altri. Visto che non hai chiesto il mio permesso per la pubblicazione e tantomeno hai citato le fonti, ti chiedo di rimuoverli dal tuo blog. Esiste per ciò che hai fatto un reato ben preciso. Cordialmente,
    Marco Sassi

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