Sant’Ellero
nacque in Tuscia nel 476 e già all’età di dodici anni scelse di
dedicare la propria vita a Dio, diventando eremita. Presa dunque questa
decisione, abbandonò la casa dove fino ad allora aveva abitato con la
famiglia e s’incamminò su per l’Appennino. Arrivò così in un monte della valle del Bidente,
vicino al fiume e nei pressi dove oggi sorge la cittadina di Galeata.
Dopo poco tempo inziò a costruire una prima cappella per le preghiere,
trascorrendo le notti all’addiaccio. La fama del ragazzo eremita si
diffuse rapidamente e inizarono ad arrivare dei seguaci. Il primo fu
Olibrio, un nobile pagano. Il futuro santo lo liberò da uno spirito
maligno e l’uomo, rimasto vedovo, si convertì insieme ai suoi due figli e
si trasferì con il monaco. Pian piano, dalla piccola cappella, prese
vita un monastero vero e proprio, che seguiva i precetti dei primi
eremiti cristiani: digiuno, carità, preghiera e lavoro nei campi.
Un
luogo santo che attirò anche le attenzioni di grandi personaggi
storici, come il re dei goti Teodorico, che aveva lì vicino un palazzo
utilizzato per le battute di caccia. Sant’Ellero morì all’età di
ottandue anni: era il 15 maggio 558.
La costruzione del monastero
Costruire
un monastero, seppur nella sua semplicità, non era cosa da poco. Era
una cosa da santi. Occorreva avere delle capacità, le forze necessarie,
magari qualche soldo derivante dalle donazioni e molta forza lavoro.
Possiamo immaginare che lavorassero un po’ tutti e tra questi anche il
fondatore. Così fece Sant’Ellero, che si rimboccò le maniche
(metaforicamente) e diede inizio ai lavori. Sua “macchina da lavoro” era
un asino, che utilizzava principalmente per trasportare il materiale
necessario. Un compagno di lavoro fondamentale, direi quasi
instotituibile.
La morte dell’asino
Ma
vuoi che, vedendo faticare tanto un pover’uomo, il diavolo non vuole
metterci la zampaccia? E infatti così fece. Durante la notte di un
natale, mentre Sant’Ellero era tutto preso dalle preghiere nella
cappella, un lupo entrò nella stalla e sbranò l’animale. Non dev’esser
stata un’operazione tanto silenziosa perché il santo sentì dei rumori e
corse subito fuori a vedere cosa stesse succedendo. E gli si parò
davanti il triste scenario: l’asino ucciso e il lupo sanguinario che,
terminato il proprio lavoro, era sul punto di fuggire.
La punizione miracolosa
Ancora
piangente Sant’Ellero ammonì il lupo. Gli urlò che da quel momento in
avanti, lui avrebbe sostituito l’animale che aveva sbranato. E se non
l’avesse fatto gli avrebbe tirato così forte la coda da farla diventare
così lunga che tutti avrebbero potuto prenderlo con molta facilità.
Nei
giorni successivi quindi, non fu raro vedere il santo affiancato dal
lupo carico di legna, pietre e sabbia dirigersi verso il cantiere del
monastero. La leggenda è entrata anche nel linguaggio comune: per
indicare una cosa senza fine, si suole dire “lunga come la coda del lupo
di Sant’Ellero”.
C’è
anche chi afferma che tutt’ora, nella notte di natale, un lupo di
colore scuro si aggiri sempre intorno all’abbazia del Santo, lasciando
le proprie orme sulla neve.
Presentazione
Mi chiamo Marco Montanari e, come se il mio cognome fosse un presagio, la montagna è da sempre la mia passione.
Abito sull'Appennino, tra la Toscana e la Romagna, là dove nascono i più importanti fiumi del centro Italia, l'Arno e il Tevere. La storia di queste montagne è una storia di fatica, di sudore, di dolore, ma anche di poesia, di miti, di leggende...
Di questo voglio parlare in questo blog... delle mie montagne e di tutto ciò che la realtà e la fantasia di queste montagne mi ha sempre ispirato...
Abito sull'Appennino, tra la Toscana e la Romagna, là dove nascono i più importanti fiumi del centro Italia, l'Arno e il Tevere. La storia di queste montagne è una storia di fatica, di sudore, di dolore, ma anche di poesia, di miti, di leggende...
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